ll danese Niels Bohr, premio Nobel nel 1922 e creatore della famosa scuola di Copenhagen, è stato uno dei più grandi fisici del Novecento. ll modello atomico e le sue intuizioni sono tra le più importanti fondamenta della meccanica quantistica. ll fisico danese affermava l’esistenza di grandi verità esprimibili in asserzioni il cui contrario possiede un identico valore di verità. L’esistenza di due versioni, alternative e opposte, di un’unica verità conduce al concetto di complementarità: si può scegliere l’una o l’altra delle due versioni. La scelta è dettata dalle circostanze.

“Il nostro compito non è penetrare l’essenza delle cose, di cui peraltro non conosciamo il significato, ma sviluppare concetti che ci permettano di parlare in modo fruttuoso dei fenomeni naturali” (Dalla lettera a H.P.E. Hansen del 20 luglio 1935; citato in Abraham Pais, Ritratti di scienziati geniali, Bollati Boringhieri, 2007, p. 37.) Non si scopre una realtà, la si descrive, e ciò che osserviamo è determinato dall’ atto dell’ osservazione. “Fotoni e neutroni non sono ‘ reali’ come un tavolo o una sedia. Sono piuttosto ombre: derivano da una combinazione di luce e posizione dell’ osservatore”.

La complementarietà può essere formulata come due aspetti di una descrizione, mutuamente esclusivi e tuttavia entrambi necessari alla comprensione di ciò che si descrive: “E’ un requisito  essenziale delle leggi di natura, dobbiamo imparare a rinunziare all’ idea di descrizioni univoche del mondo”. Più tardi Bohr estese l’ idea di complementarietà al mondo vivente e alla psicologia. Una particella è un concentrato di energia e di impulso in un singolo punto dello spazio e in un singolo momento nel tempo: ma è anche un’ onda. Due immagini mutuamente esclusive, eppure entrambe vere: “per quanto questi fenomeni possano apparire a prima vista contraddittori, bisogna comprendere che sono complementari, nel senso che messi insieme esauriscono ogni informazione sugli oggetti atomici che possa essere espressa senza ambiguità nel linguaggio ordinario”

Quando emerge una delle due nature l’altra si nasconde, quando vediamo la natura corpuscolore non vediamo la natura ondulatoria e viceversa. Questa duplice natura è sempre presente ma ne appare di volta in volta una sola. Noi siamo esseri macroscopici e non possiamo accedere al mondo quantistico come esso è, e inevitabilmente lo facciamo con oggetti macroscopici che inevitabilmente seguono la fisica classica. Bohr  valutava che l’oggetto misurato e l’oggetto che misura rappresentano un tutt’uno e non semplicemente che  quest’ultimo  interferisce nella misurazione, pertanto secondo  lo strumento di misurazione possiamo conoscere determinati effetti della realtà e non necessariamente altri che sono mutualmente esclusivi. La realtà e tutti gli aspetti che io posso conoscere di volta in volta uno degli aspetti mutualmente esclusivi di essa. , la luce a volte può comportarsi come onde e altre volte come particelle. Entrambe le immagini sono necessarie per ottenere una descrizione complementare del fenomeno anche se si escludono a vicenda.

Albert Einstein non poteva accettare una teoria della fisica, che abbandonava la causalità classica. Mentre Niels Bohr riteneva che la meccanica quantistica fornisse una nuova e preziosa comprensione del mondo, Albert Einstein considerò la teoria come temporanea e lavorò duramente per il resto della sua vita per formulare una nuova e migliore teoria che incorporasse la causalità classica. Famosa è la sua risposta alle tesi di Bohr: “non posso accettare una visione probabilistica della realtà, non immagino che Dio giochi a dadi con essa”.

Nell’interpretazione di Copenaghen (quella di Bohr) una particella non ha una posizione definita nello spazio fino a che non la si misura. Secondo questa interpretazione, è proprio la misura che forza la particella ad avere una posizione ben definita.

Einstein ridicolizzava quell’interpretazione: “Pensate veramente che la luna non sia lì quando nessuno la guarda?”. Einstein era realista, era troppo persuaso che il compito dei fisici fosse di stabilire con certezza cosa accade e perché e non aveva nessuna intenzione di  arrendersi all’idea che i fisici stessi potessero diventare allibratori che scommettevano sulla possibilità e che ci fosse una realtà indipendente dalle nostre misure e dalle nostre teorie. E’ evidente che un fotone esiste anche quando non lo rileviamo. E’ parte costituente di un sistema fisico.

 

Secondo Bohr la complessità del reale non può essere colta con  una spiegazione unica. E’ necessario andare oltre la lagica vero o falso che conduce all’antinomicità e alla contraddittorietà delle diverse argomentazioni. Bohr invita ad abbandonare il mito dell’unicità e quindi della semplicità della spiegazione scientifica e ad accettare la complessità del reale misurandosi con le diversità e l’irriducibile necessità ci cogliere spiegazioni molteplici.

 

 

Niels Bohr:” La complessità della spiegazione del reale”

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